Programmazione nello sport: Quando l’approccio della mente può essere funzionale

La programmazione è un processo che teoricamente accompagna qualsiasi scelta e momento della vita. Non è dunque un programma statico o rigido, bensì un esplicarsi “in itinere” del percorso in base alle variabili di partenza e alle situazioni, agli eventi e ad i cambiamenti in corso d’opera.
Nella programmazione sportiva è necessario prendere in considerazione molteplici fattori, affinchè essa sia modellata dinamicamente sull’individuo e focalizzata sul risultato finale in modo ottimale ricordando che non esiste un programma perfetto di default, ma una programmazione “giusta” e differenziata per ognuno. Affinchè diventi davvero utile, infatti, come anticipato, un programma deve essere modulato e calibrato in base alle caratteristiche e agli obiettivi del singolo, tenendo conto del contesto.

Decidere i propri obiettivi

Innanzitutto, per decidere i propri obiettivi è necessario tenere presenti i “limiti” (si intendano i limiti concreti e reali, non quelli creati dalla propria mente) che si hanno: limiti di tempo, economici, fisici… e valutare se questi limiti possano essere superati. Focalizzare un obiettivo concreto e fattibile mediante un percorso coerente ad esso è il primo passo per non perdere la motivazione, dal momento in cui prevedere un obiettivo troppo alto (magari prendendo come “esempio” qualcun altro, con diverse possibilità e diverse caratteristiche) può portare a scoraggiamento. Un’analisi obiettiva delle caratteristiche di partenza è fondamentale per avere un quadro della situazione chiaro e realistico  affinchè gli obiettivi non siano né troppo elevati né troppo bassi. Fondamentale anche imparare ad avere il quadro della situazione nella sua complessità ed in generale, senza focalizzarsi o ossessionarsi su minuzie inutili o secondarie ma valutando il peso  che ogni variabile ha nel sistema.
Oltre agli obiettivi, è necessario che i passi per raggiungerli siano (sempre flessibilmente) valutati in maniera realistica anche in relazione al tempo: imporsi tabelle di allenamento o alimentazioni rigide, drastiche, selettive e stressanti per il fisico è poco funzionale specialmente se non ambiamo a salire su un palco, o non vogliamo farlo nel breve termine. Studiare le “tappe” del percorso serve proprio sia a non arrivare alla fine “impreparati” rispetto a ciò che si desiderava (che sia una gara o un semplice risultato estetico) sia a fare in modo che il percorso sia sostenibile e bilanciato in ogni fase, senza dover fare tutto subito o tutto alla fine.

Ascoltare il proprio corpo

Quello che ritengo importante (in relazione alla mia professione) è anche imparare ad ascoltare il proprio corpo. La tabella è un’indicazione ma non pensa. Dunque se riteniamo che in determinati periodi di stress (collegati ad altre sfere della vita) o di stanchezza sia giusto o necessario allentare il tiro è bene farlo, analizzando ovviamente la situazione e cercando di comprendere anche se le cause possano essere collegate ad una perdita di motivazione. Il forzare infatti il proprio corpo a fare qualcosa potrebbe essere controproducente e quindi minare gli effetti positivi che la programmazione prevederebbe.
Altri punti da tenere sempre in considerazione sono i seguenti:
  • Valutare i risultati ad ogni fase (dunque ricercare i feedback della programmazione) è utile sia per tenere alta la motivazione, sia per aggiustare il tiro step by step al fine di ottimizzare la stessa.
  • Mantenere corpo e mente continuamente stimolati, senza rischiare di cadere nella monotonia e nell’appiattimento, sperimentando anche grazie al coach, studiando, informandosi rimanendo connesso con il proprio obiettivo con equilibrio e consapevolezza, seguendolo con costanza.
  • Esercitare la tolleranza alla frustrazione dovuta al dover attendere per il raggiungimento degli obiettivi, ricordando che non esiste il “tutto e subito”, imparando a riconoscere anche i risultati raggiunti senza sminuirli.
  • Allenare, oltre al corpo, la propria autoefficacia (ovvero la fiducia che si ha nelle proprie capacità, nell’avere strategie funzionali e nel raggiungere un risultato) e la propria resilienza (la capacità di fronteggiare gli eventi negativi, di riorganizzare la situazione in modo positivo riuscendo a “rialzarsi più forti di prima”) e la propria autostima.
  • Imparare a mappare i problemi, cercando di comprenderne le radici al fine di risolverli e decidere di agire in base alle risposte ottenute.
In conclusione, un’immagine a parer mio rappresentativa può essere questa: il corpo è una macchina alla cui guida sta la mente. Dunque la programmazione deve prevedere la collaborazione tra i due, al fine di essere soddisfacente e funzionale all’obiettivo che ci si propone.
Il mio articolo per Studio Trainer Italia