Le App Contacalorie: tra tendenza e dipendenza

Le App Contacalorie, nate da pochi anni, presenti in molti degli smartphone dei fitness addicted e delle persone a dieta, sono strumenti che possono rivelarsi utili da una parte, ma anche piuttosto rischiosi, se approcciati con superficialità o con troppa rigidità. Vediamo insieme dunque le due facce di questa medaglia.

Cosa vuol dire “saper usare una app contacalorie”?

Innanzitutto è essenziale conoscere il proprio fabbisogno, stimato preferibilmente grazie ad un professionista, e non in modo casuale (spesso affidandosi alla stessa app che di noi conosce poco o niente, oppure a stime approssimative per sentito dire: “si dimagrisce con 1200 kcal” oppure “tenendo bassi i carboidrati”). Inoltre è necessario avere alcune conoscenze riguardo alla composizione dei cibi, per non rischiare di inserire nel conteggio l’alimento errato (spesso ad esempio avviene di immettere un prodotto calcolato da cotto invece che da crudo, rischiando di sballare di molto il calcolo), considerando che molti di essi sono inseriti dagli altri utenti, e dunque non necessariamente esatti. Infine bisognerebbe mettere sempre in primo piano la qualità dei macronutrienti che assumiamo, per una questione di salute.
Queste applicazioni se usate e gestite con consapevolezza hanno diversi punti favorevoli, specialmente per le persone che necessitano per un determinato periodo di avere una stima di ciò che assumono per ragioni dietetiche (dimagrimento o sport). Esse infatti servono a tener traccia di quello che si assume, avendo in linea di massima un range entro cui stare e potendoselo gestire come si vuole. Ciò permette di aggiustare il tiro nell’arco della giornata/settimana, riuscendo ad inserire nella propria alimentazione quotidiana anche piccoli “sgarri” (a livello qualitativo) che però non impattano sul bilancio calorico giornaliero, favorendo dunque il raggiungimento degli obiettivi prefissati con elasticità e serenità.
Dovrebbero venire usate, a meno di necessità particolari, per delimitati periodi di tempo, con la finalità di capire se ciò che faremmo senza il calcolatore ci porterebbe ad una nutrizione bilanciata in base al nostro fabbisogno, tenendo conto sempre che ciò non andrebbe valutato in ottica quotidiana, ben più settimanale. Dunque, sarebbe utile usarle alimentandosi “come si farebbe senza”, per comprendere se ci siano degli errori determinati da eccessi o carenze, per prenderne coscienza ed eventualmente apportare modifiche. Pertanto come sempre sono l’equilibrio, la consapevolezza ed il sereno rapporto col cibo a doverla fare da padrone.
Altrimenti, in una sorta di rieducazione alimentare, potrebbero essere utili per apprendere come regolarsi e calibrare con elasticità le giornate, come quando per conoscere una nuova città ci forniamo di una mappa, ma con l’andare del tempo dovremo pian piano diventare autonomi nella conoscenza dei percorsi, delle strade da seguire, delle vie più comode, più rapide, familiarizzando col territorio in modo da non dipendere dalla cartina.
Pensare che utilizzarle sia la soluzione universale ai propri problemi legati alla gestione del cibo, o che siano infallibili, approcciarvisi senza saperle utilizzare rischiando di fare ancora più confusione e perdere la motivazione di fronte all’impasse con lo strumento (se la motivazione non è forte e lo strumento viene interpretato come unico solutore della situazione), sostituirle in toto ad una figura qualificata, perdere il gusto di mangiare, oppure il far venir meno dell’importanza della qualità dei cibi da cui provengono quelle calorie sono solo alcuni dei comportamenti, cognizioni e conseguenze che possono diventare poco funzionali. Quello che maggiormente può danneggiare, invece che aiutare, è senza dubbio l’entrare nel circolo vizioso del conteggio opprimente, iniziando a gestire il corpo come una macchina e il raggiungimento ossessivo dei macronutrienti il fine ultimo dell’alimentazione, perdendo di vista il fatto che esse servono per avere una stima, ma lo scopo di una dieta è imparare ad autogestirsi e non diventare succubi di una calcolatrice. Un meccanismo psicologico talvolta collegato al conteggio rigido è quello del tutto o nulla: il pretendere di essere fiscale col calcolo può portare in caso di inadempienza o di piccolo sgarro a mandare al’’aria l’intera giornata (il pensiero controproducente collegato alla situazione è dunque “ormai è fatta, tanto vale continuare”). Altro fattore poco proficuo è la possibilità che l’individuo inizi a provare una sorta di ansia in tutte quelle situazioni in cui non è in grado di gestire la propria dieta e l’inserimento esatto dei macronutrienti all’interno dell’App (quando non si hanno le tabelle nutrizionali/valori, o nelle occasioni sociali in cui non si può tener traccia precisa dell’introito, dunque rischiando anche un certo grado di ritiro sociale per mantenere la sicurezza). Contare le calorie e i macronutrienti al centesimo ha davvero poco senso, dal momento che i valori nutrizionali standard non tengono conto delle variabili che impattano sulla quantità di macronutrienti del prodotto (pensiamo ad esempio al livello di maturazione di una mela, alla quantità di acqua/proteine/grassi in un pollo rispetto ad un altro) e che il corpo non è una calcolatrice, ma mantiene una omeostasi e si aggiusta in maniera flessibile rispetto a minimi cambiamenti.
Dilatare in maniera eccessiva e poco razionale l’affidabilità, la precisione e la responsabilità di uno strumento del genere, proiettando su di esso i risultati ed i meriti del proprio dimagrimento/obiettivo, traslando il locus of control da interno (in cui noi stessi siamo artefici di ciò che avviene) ad esterno (in cui è appunto il dispositivo ad essere responsabile esclusivo del risultato) rischia di far diventare dipendenti da essa, non riuscendo più a “fare senza”. La perdita di autonomia e la deresponsabilizzazione conseguente riguardo alla gestione della propria alimentazione può portare ad una perdita della sensazione di autoefficacia. È fondamentale, come anticipato in precedenza, ricordare anche che in caso di problemi alimentari derivati ad esempio da fame emotiva o da un approccio psicologicamente sbagliato col cibo, l’App è solo un palliativo, un “controllore” a cui aggrapparsi momentaneamente, che non risolve il problema ma semplicemente lo mette in “stand by”.
È pacifico che spesso vi può essere una predisposizione nel finire dipendenti da questi strumenti. Ma come per il dilemma della nascita dell’uovo o della gallina, non sappiamo se sia la predisposizione stessa a fare avvicinare all’applicazione, oppure l’approccio con l’applicazione a determinare la slatentizzazione di una tendenza al controllo già presente, o addirittura a dare l’inizio dal niente all’ossessione del conteggio maniacale. Di sicuro l’ossessione per il conteggio calorico non nasce a causa dell’introduzione delle applicazioni conta calorie sui cellulari, ma è fenomeno precedente. Quello che però è certo è che queste applicazioni hanno reso questa pratica, prima a retaggio di pochi, dilagante e “di moda” facendola passare come “ordinaria” e mettendo a rischio molte persone suscettibili, oltre che poco informate in materia.

Per concludere quindi è giusto ricordare sempre che un’Applicazione conta calorie deve essere approcciata in modo consapevole ed equilibrato, utilizzata come ausilio e supporto dandole il giusto peso, rimanendo sempre comunque noi stessi gestori e responsabili della nostra alimentazione, con la serenità che deve essere sempre alla base della relazione col cibo.

Il mio articolo per http://www.studiotraineritalia.com/le-app-contacalorie-tra-tendenza-e-dipendenza/